In questi giorni si è parlato molto dei referendum, a seguito della consultazione referendaria del 17 aprile in materia di concessioni per l’estrazione di idrocarburi e a causa del referendum costituzionale che si avrà ad ottobre.
E’ forse utile, appunto perché ad ottobre si tornerà alle urne, chiarire le differenze tra i due tipi di referendum.
Intanto l’aspetto che li accomuna è il fatto di essere strumenti di democrazia diretta il che, detto in termini semplici, significa che i cittadini sono chiamati in prima persona e senza mediazioni ad esprimersi in merito a un quesito.
Quello indetto lo scorso 17 ottobre era un referendum abrogativo (art. 75 Cost.), ossia finalizzato ad “eliminare” una norma di legge. L’effetto, quindi, è potenzialmente dirompente perché gli elettori possono decidere di abrogare un atto legislativo in vigore.
Appunto perché la finalità è quella di incidere direttamente sulle leggi, la Costituzione prevede una procedura articolata per poter indire il referendum. Inoltre si prevede che in determinate materie, particolarmente delicate, non possa esserci la consultazione referendaria (leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto ,di autorizzazione a ratificare trattati internazionali). Inoltre, altra regola importante, è necessario che, affinchè la consultazione sia valida, partecipi al voto la maggioranza degli aventi diritto (il quorum del 50 più uno).
Proprio per questo i promotori del referendum hanno cercato di fare campagna optando però quasi esclusivamente sulla rete. Tramontati ormai i manifesti tutte le energie sono state riversate nell’online come sta accadendo anche nella capitale per le elezioni Comunali, dove le agenzie come ElaMedia Group che si occupano della realizzazione siti web a Roma sono state prese d’assalto dai vari candidati.
Tuttavia il referendum può anche assumere una funzione diversa ossia, anziché abrogare una legge, confermarla. Ciò accade in materia costituzionale.
Le leggi costituzionali hanno un valore gerarchico diverso dalle leggi ordinarie, perché incidono sulla legge fondamentale dello Stato che è, per l’appunto, la Costituzione della Repubblica. Per poter modificare la Costituzione ci sono quindi delle procedure diverse e più articolate rispetto al normale iter legislativo, appunto perché qui si incide su aspetti di importanza fondamentale per l’assetto dello Stato.
Ed è qui che si inserisce l’istituto referendario: l’art. 138 della Costituzione prevede infatti che, se la legge costituzionale non è stata approvata con larga maggioranza (i due terzi), la stessa legge può essere sottoposta a referendum. La particolarità è che, in questo caso, l’oggetto del referendum quesito sottoposto agli elettori non è l’abrogazione una legge esistente bensì la volontà di approvare la riforma costituzionale. Si richiede pertanto la volontà popolare per approvare la legge in questione.
A differenza del referendum abrogativo quello costituzionale non richiede il raggiungimento del quorum, quindi la consultazione sarà valida a prescindere dal numero di persone che si recheranno alle urne.
Qualche curiosità: il referendum sul divorzio, nel 1974, ha registrato ben l’87.7 % di affluenza alle urne e, dal 1997 ad oggi, soltanto uno dei referendum abrogativi promossi ha raggiunto il quorum e si è trattato di quello del 2011 sull’energia nucleare e sui servizi pubblici.