La storia del gianduia, simbolo di Torino

All’inizio del XIX secolo, Napoleone Bonaparte era all’apice della propria carriera politica e militare e pressoché tutta l’Europa, ad eccezione del Regno Unito (e di tutte le sue colonie), era assoggettato al controllo francese. In quegli anni, egli aveva imposto a tutte le province del suo vastissimo impero l’embargo dei prodotti britannici, tra i quali anche il cacao. La conseguenza fu che il costo del cacao arrivò alle stelle, diventando praticamente inaccessibile per le pasticcerie italiane, soprattutto per quelle del Nord Italia, distanti dai rifornimenti asiatici, e furono costrette a cercare nuove forme di approvvigionamento.

La nocciola gentile del Piemonte

A Torino iniziò così a diffondersi una nuova modalità di preparazione del cioccolato, che utilizzava la nocciola tonda gentile delle Langhe, una varietà d’eccellenza che cresceva nel Basso Piemonte (e corrispondente alle odierne province di Asti, Cuneo e Alessandria). Dalla nuova ricetta nacque una tipologia allora sconosciuta di cioccolato. L’embargo terminò nel 1813 ma, a quel punto, l’abitudine si era consolidata e la nocciola piemontese divenne un ingrediente immancabile delle pasticcerie del posto.

Il Gianduiotto

Nel 1852, dalla collaborazione tra il chocolatier Michele Prochet e la società Caffarel, la lavorazione della mandorla venne raffinata costantemente e fu elaborato un nuovo sistema di raffinazione della materia prima.

Nel 1863, in occasione delle festività di Carnevale, venne confezionato il primo cioccolatino dalla tipica forma a barca, distribuito per la Caffarel da parte della tradizionale maschera torinese di Gianduja che, per estensione, divenne anche il nome scelto per il nuovo prodotto di pasticceria mentre il cioccolatino venne denominato Giandujotto. Oggi, il cioccolatino torinese è uno dei dolci a domicilio più acquistati sul web, è diventato simbolo di una città ed è riconosciuto in tutto il mondo. La nocciola tonda gentile delle Langhe, nel frattempo, è diventata una produzione di denominazione IGP e viene esportata in tutto il mondo come ingrediente di qualità superiore ed elemento d’orgoglio della produzione piemontese.

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